lunedì 11 aprile 2016

Fare a botte il sabato mattina?



Mi sveglio alle 5,30 di sabato per prendere un treno destinazione Milano.
Solo questa frase racchiude già un giramento di coglioni che mollami.


Comunque lo faccio.
Certo, se vivessi a Torino o ad Alessandria, tutto sarebbe più facile. Ma sono ad Asti e, per assurdi accordi tra la regione Piemonte e le FS, se noi astigiani vogliamo andare a Milano, dobbiamo soffrire. 
Possibilmente, morendo male.

Mi aggrappo al ricordo del bel venerdì sera passato e, con un leggero hangover, vado in stazione. La macchina del biglietto non funziona, quindi mi devo relazionare con un ferroviere. Com'è usanza, comunico con lui con l'unica forma che viene riconosciuta dagli uomini delle FS: lo scazzo. E anche un po' di disprezzo, se possibile. Lui ricambia, colpito che qualcuno conosca la loro forma di comunicazione segreta. Questo mi permette di avere accesso all'agognato biglietto.


Infine salgo sul treno.
Giusto in tempo, che c'era la coda alla biglietteria per la distribuzione dello scazzo del ferroviere.
Salgo, entro nel primo vagone e mi siedo.
Andata. Mezz'ora, cambio. Un ora e mezza e arrivo.
Tempo di chiudere gli occhi un secondo e arrivano due sciure maledette (donne di una certa età, solitamente sovrappeso, agghindate come baldracche intente a spettegolare su tutto e tutti) che si mettono a parlare ad alta voce di questo e quell'altro.
Inizio a maledire loro e l'Universo. Poi penso che non può essere così male e provo a sentire la conversazione, che magari mi tengono compagnia...

- E poi il figlio della Gisella, dovresti vederlo. Che bravo. Fa il medico, all'Ospedale. Guarda, specializzando, sta con la figlia di Rigaldoni, quella che ha il suo studio, sai? Ma una bella coppia. Hanno messo la testa a posto, hanno un bel lavoro e pare che a fine anno si sposino...

Sarà che io, in sto periodo, la gente che fa scelte giuste e sagge proprio non la tollero.
Sarà che non sopporto l'idea sociale che se ti inquadri, sei nel giusto, se no sei uno scarto...
Sarà che non sono manco le 7 e io, di caffè, non ne ho ancora bevuto...
Sarà che... ma mi alzo e me ne vado con visibile scazzo.

Sia chiaro! Non ho nulla contro la prole di Gisella e del Rigaldoni, ma le loro vite non sembrano così interessanti da ripagarmi per il nervoso.

Cambio vagone.
C'è quasi nessuno. Benissimo. Siedo e chiudo gli occhi.
Dieci minuti dopo arrivano due truzzetti di merda con la musica a palla che pensano bene di sedersi lì. Ovviamente è odio a primo udito.
Ho attraversato anche io quella fase... ma 'sti truzzi moderni proprio mi urtano: finti brillanti all'orecchio, risvoltini che mango in un sottoscala a Venezia, imprecazioni contro il freddo andando in giro con una maglietta.
Valuto velocemente le opzioni:
1) rissa: due contro uno, ma sono più grosso delle due fighette graciline;
2) sopportare: anche se odio profondamente la musica rap (oh, ma vi capita mai di beccarli mentre ascoltano musica che vi piaccia?)
3) cambio: di nuovo alla ricerca di vagone senza molestatori;

A differenza del noto film,  a me è l'assenza del caffè a rendere nervoso.
Così l'incazzatura sale e l'opzione uno diventa sempre più plausibile, quando uno dei due truzzetti anoressici effemminati viene chiamato dalla madre al telefono. La musica scende e il tipo fa tutto uno spiegozzo alla madre di rara ignoranza, ricca di zii maiali e treni che fanno cagare (che poi tutti ogni tanto hanno ragione, è statistica!).
Il ragazzo è palesemente in difficoltà a liquidare la madre, che lo incalza con chissà quali raccomandazioni che lui ignorerà... così, nel tempo della telefonata, arrivo alla mia fermata e scendo. Grazie, Signora Mamma del giovane bestemmiatore. Magari dia più ceffoni forti a suo figlio... ma per oggi, la sua telefonata è stata provvidenziale.

Con terrore, scopro però che la coppia di fenomeni da circo deve prendere di nuovo il mio stesso treno. Ma ormai ho capito. Aspetto che si siedano e cambio vagone.

Che comunque... fare a botte il sabato mattino con un principio di hangover... non è mai il massimo della vita.
Che se perdevo, con che faccia lo raccontavo?

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